Aron Demetz

arondemetz.it

"Il suo lavoro è il risultato della storia, della cultura e dell'identità territoriale del luogo in cui è nato, cresciuto e lavora, la Val Gardena. Ma è anche il risultato di un costante confronto con l'iconografia e la cultura classica."

Reminiscenza
Legno di sequoia, 2013

Ritter
Bronzo, 2015

Fiato
Bronzo e vetro, 2016

Gaia
Legno di pino, 2021

Le opere di Aron indicano una rigenerazione inaspettata del gusto e un adattamento alle abitudini moderne, nell'abbigliamento e nell'evocazione di una psiche inquieta e turbata, dell'arte bizzarra e senza tempo espressa attraverso l'iconografia religiosa di Madonne e santi. Demetz ha costruito sulla tradizione artigianale e, come André Chénier, ha scoperto nuovi pensieri in gesti antichi.
Andare a trovarlo d’impulso, affascinato da alcune delle sue immagini, una notte d'inverno a Selva di Val Gardena, mi ha rivelato non solo la costanza della qualità già riconoscibile nelle riproduzioni e nei rari esempi che avevo occasionalmente incontrato, ma anche la candida disarmante di un ragazzo normale, nulla a che vedere con il tipo dell'artista ribelle e originale che ostenta per conformarsi ai canoni del genio e della dissoluzione. Demetz potrebbe persino apparire troppo umile e perbene. Ma le sue opere parlavano di una fortissima sicurezza di sé, di un ideale raggiunto e trasferito in forma. Alcune delle sue sculture sono già memorabili e illustrano l'innocenza tentata, se non confusa, da un pensiero segreto, da una misteriosa concentrazione che anima inaspettatamente le forme inerti e morte dell'artigianato religioso. Eppure nelle sue sculture c'è la brama di una rivelazione, la nostalgia di un paradiso perduto, la continua allusione all'innocenza minacciata dalle ansie dell'adolescenza.
Questa ambiguità rende poetiche le opere del primo periodo di Demetz. Ma questo elemento, che caratterizza molta scultura dell'adolescenza, da Francesco di Valdambrino a Donatello, Michelangelo e Fazzini, si sgretola nella sua produzione più recente, annunciata da un'opera esposta nella torre del Museo Archeologico di Milano. Qui Demetz sembra voler esplorare nuove direzioni, cercando una via d'uscita dalla vocazione naturalistica che gli è congeniale, sebbene temperata da un'intensa spiritualità.
Il risultato è una scultura concettuale, volutamente anti-sentimentale, distanziata da un rivestimento di argento. Comprende opere che presentano un archetipo oscillante tra i kouroi e l'Apollo del Maestro di Olimpia, dove il classicismo diventa mentale, concettuale. Fino a questo punto l'ho seguito. Ora, nelle sale illuminate del PAC, viene seguito con curiosità da Danilo Eccher.

In questa fase, possiamo dire che lo stiamo osservando crescere.

Vittorio Sgarbi